| DECRETO LEGISLATIVO 9 luglio 2003, n.216 Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parita' di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000,
che stabilisce un quadro generale per la parita' di trattamento in
materia di occupazione e di condizioni di lavoro;
Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'allegato
B;
Vista la legge 20 maggio 1970, n. 300, recante «Norme sulla tutela
della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e
dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul
collocamento»;
Visto il testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato
con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 28 marzo 2003;
Acquisiti i pareri delle Commissioni della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 3 luglio 2003;
Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro per le
pari opportunita', di concerto con il Ministro degli affari esteri,
con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell'economia e
delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Oggetto
1. Il presente decreto reca le disposizioni relative all'attuazione
della parita' di trattamento fra le persone indipendentemente dalla
religione, dalle convinzioni personali, dagli handicap, dall'eta' e
dall'orientamento sessuale, per quanto concerne l'occupazione e le
condizioni di lavoro, disponendo le misure necessarie affinche' tali
fattori non siano causa di discriminazione, in un'ottica che tenga
conto anche del diverso impatto che le stesse forme di
discriminazione possono avere su donne e uomini.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto ai
sensi dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita'
europee (GUCE).
Nota al titolo:
- Il testo della direttiva 2000/78/CE (Direttiva del
Consiglio che stabilisce un quadro generale per la parita'
di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di
lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Comunita' europea 2 dicembre 2000, n. L 303.
Note alle premesse:
- Il testo dell'art. 76 della Costituzione e' il
seguente:
«Art. 76. - L'esercizio della funzione legislativa non
puo' essere delegato al Governo se non con determinazione
di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.».
- L'art. 87, comma quinto, della Costituzione
conferisce al Presidente della Repubblica il potere di
promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di
legge e i regolamenti.
- Per il testo della citata direttiva 2000/78/CE, si
veda nota al titolo.
- Il testo della legge 1° marzo 2002, n. 39
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge
comunitaria 2001), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
26 marzo 2002, n. 72, supplemento ordinario.
- Il testo dell'allegato B della citata legge n. 39 del
2002, e' il seguente:
«Allegato B (Articolo 1, commi 1 e 3) 93/104/CE del
Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti
dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994,
riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo
o di una procedura per l'informazione e la consultazione
dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di
dimensioni comunitarie.
96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento.
1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa
alle discariche di rifiuti.
1999/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
7 giugno 1999, che istituisce un meccanismo di
riconoscimento delle qualifiche per le attivita'
professionali disciplinate dalle direttive di
liberalizzazione e dalle direttive recanti misure
transitorie e che completa il sistema generale di
riconoscimento delle qualifiche.
1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa
all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della
gente di mare concluso dall'Associazione armatori della
Comunita' europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati
dei trasportatori dell'Unione europea (FST).
1999/64/CE della Commissione, del 23 giugno 1999, che
modifica la direttiva 90/388/CEE al fine di garantire che
le reti di telecomunicazioni e le reti televisive via cavo
appartenenti ad un unico proprietario siano gestite da
persone giuridiche distinte.
1999/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 dicembre 1999, relativa alle prescrizioni minime per il
miglioramento della tutela della sicurezza e della salute
dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di
atmosfere esplosive (quindicesima direttiva particolare ai
sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva
89/391/CEE).
2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura
e la presentazione dei prodotti alimentari, nonche' la
relativa pubblicita'.
2000/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
16 maggio 2000, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione
della responsabilita' civile risultante dalla circolazione
di autoveicoli e che modifica le direttive 73/239/CEE e
88/357/CEE del Consiglio (quarta direttiva assicurazione
autoveicoli).
2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del-l'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici
dei servizi della societa' dell'informazione, in
particolare il commercio elettronico, nel mercato interno
(«direttiva sul commercio elettronico»).
2000/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
22 giugno 2000, che modifica la direttiva 93/104/CE del
Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione
dell'orario di lavoro, al fine di comprendere i settori e
le attivita' esclusi dalla suddetta direttiva.
2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di
pagamento nelle transazioni commerciali.
2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 giugno 2000, relativa ai prodotti di cacao e di
cioccolato destinati all'alimentazione umana.
2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua
il principio della parita' di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso.
2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 novembre 2000, relativa agli impianti portuali di
raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del
carico.
2000/75/CE del Consiglio, del 20 novembre 2000, che
stabilisce disposizioni specifiche relative alle misure di
lotta e di eradicazione della febbre catarrale degli ovini.
2000/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
14 dicembre 2000, recante modifica della direttiva 95/53/CE
del Consiglio che fissa i principi relativi
all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore
dell'alimentazione animale.
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che
stabilisce un quadro generale per la parita' di trattamento
in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.
2000/79/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000,
relativa all'attuazione dell'accordo europeo
sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di
volo nell'aviazione civile concluso da Association of
European Airlines (AEA), European Transport Workers'
Federation (ETF), European Cockpit Association (ECA),
European Regions Airline Association (ERA) e International
Air Carrier Association (IACA).
2001/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 91/440/CEE del
Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie
comunitarie.
2001/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26 febbraio 2001, che modifica la direttiva 95/18/CE del
Consiglio relativa alle licenze delle imprese ferroviarie.
2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
26 febbraio 2001, relativa alla ripartizione della
capacita' di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione
dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria
e alla certificazione di sicurezza.
2001/15/CE della Commissione, del 15 febbraio 2001,
sulle sostanze che possono essere aggiunte a scopi
nutrizionali specifici ai prodotti alimentari destinati ad
un'alimentazione particolare.
2001/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
19 marzo 2001, relativa all'interoperabilita' del sistema
ferroviario transeuropeo convenzionale.
2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati e che abroga la
direttiva 90/220/CEE del Consiglio.
2001/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
14 maggio 2001, che modifica le direttive 89/48/CEE e
92/51/CEE del Consiglio relative al sistema generale di
riconoscimento delle qualifiche professionali e le
direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE,
78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE,
85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE del
Consiglio concernenti le professioni di infermiere
responsabile dell'assistenza generale, dentista,
veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico.
2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei
lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di
stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti.
2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del
diritto d'autore e dei diritti connessi nella societa'
dell'informazione.
2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull'ambiente.
2001/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 giugno 2001, che modifica la direttiva 89/655/CEE del
Consiglio relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di
salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva particolare
ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva
89/391/CEE).
2001/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
23 luglio 2001, recante modificazione della direttiva
95/53/CE del Consiglio che fissa i principi relativi
all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore
dell'alimentazione animale e delle direttive 70/524/CEE,
96/25/CE e 1999/29/CE del Consiglio, relative
all'alimentazione animale.
2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 settembre 2001, che modifica le direttive 78/660/CEE,
83/349/CEE e 86/635/CEE per quanto riguarda le regole di
valutazione per i conti annuali e consolidati di taluni
tipi di societa' nonche' di banche e di altre istituzioni
finanziarie.
2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell'elettricita'.
2001/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del
27 settembre 2001, relativa al diritto dell'autore di
un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originale.
2001/86/CE del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, che
completa lo statuto della societa' europea per quanto
riguarda il coinvolgimento dei lavoratori.».
- Il testo della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme
sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori,
della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei
luoghi di lavoro e norme sul collocamento), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 27 maggio 1970, n. 131.
- Il testo del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286 (testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191
del 18 agosto 1998, supplemento ordinario.
Art. 2.
Nozione di discriminazione
1. Ai fini del presente decreto e salvo quanto disposto
dall'articolo 3, commi da 3 a 6, per principio di parita' di
trattamento si intende l'assenza di qualsiasi discriminazione diretta
o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali,
degli handicap, dell'eta' o dell'orientamento sessuale. Tale
principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione
diretta o indiretta, cosi' come di seguito definite:
a) discriminazione diretta quando, per religione, per convinzioni
personali, per handicap, per eta' o per orientamento sessuale, una
persona e' trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o
sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga;
b) discriminazione indiretta quando una disposizione, un
criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento
apparentemente neutri possono mettere le persone che professano una
determinata religione o ideologia di altra natura, le persone
portatrici di handicap, le persone di una particolare eta' o di un
orientamento sessuale in una situazione di particolare svantaggio
rispetto ad altre persone.
2. E' fatto salvo il disposto dell'articolo 43, commi 1 e 2 del
testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, approvato
con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
3. Sono, altresi', considerate come discriminazioni, ai sensi del
comma 1, anche le molestie ovvero quei comportamenti indesiderati,
posti in essere per uno dei motivi di cui all'articolo 1, aventi lo
scopo o l'effetto di violare la dignita' di una persona e di creare
un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
4. L'ordine di discriminare persone a causa della religione, delle
convinzioni personali, dell'handicap, dell'eta' o dell'orientamento
sessuale e' considerata una discriminazione ai sensi del comma 1.
Nota all'art. 2:
- Il testo dell'art. 43, commi 1 e 2 del citato decreto
legislativo n. 286 del 1998, e' il seguente:
«Art. 43 (Discriminazione per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi). - 1. Ai fini del presente capo,
costituisce discriminazione ogni comportamento che,
direttamente o indirettamente, comporti una distinzione,
esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il
colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le
convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o
l'effetto di distruggere o di compromettere il
riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni
di parita', dei diritti umani e delle liberta' fondamentali
in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni
altro settore della vita pubblica.
2. In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di
pubblico servizio o la persona esercente un servizio di
pubblica necessita' che nell'esercizio delle sue funzioni
compia od ometta atti nei riguardi di un cittadino
straniero che, soltanto a causa della sua condizione di
straniero o di appartenente ad una determinata razza,
religione, etnia o nazionalita', lo discriminino
ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni piu' svantaggiose o si
rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad
uno straniero soltanto a causa della sua condizione di
straniero o di appartenente ad una determinata razza,
religione, etnia o nazionalita';
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni piu'
svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso
all'occupazione, all'alloggio, all'istruzione, alla
formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali allo
straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in
ragione della sua condizione di straniero o di appartenente
ad una determinata razza, religione, etnia o nazionalita';
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni,
l'esercizio di un'attivita' economica legittimamente
intrapresa da uno straniero regolarmente soggiornante in
Italia, soltanto in ragione della sua condizione di
straniero o di appartenente ad una determinata razza,
confessione religiosa, etnia o nazionalita';
e) il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai
sensi dell'art. 15 della legge 20 maggio 1970, n 300, come
modificata e integrata dalla legge 9 dicembre 1977, n. 903,
e dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi
atto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole
discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in
ragione della loro appartenenza ad una razza, ad un gruppo
etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una
cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni
trattamento pregiudizievole conseguente all'adozione di
criteri che svantaggino in modo proporzionalmente maggiore
i lavoratori appartenenti ad una determinata razza, ad un
determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata
confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino
requisiti non essenziali allo svolgimento dell'attivita'
lavorativa.».
Art. 3.
Ambito di applicazione
1. Il principio di parita' di trattamento senza distinzione di
religione, di convinzioni personali, di handicap, di eta' e di
orientamento sessuale si applica a tutte le persone sia nel settore
pubblico che privato ed e' suscettibile di tutela giurisdizionale
secondo le forme previste dall'articolo 4, con specifico riferimento
alle seguenti aree:
a) accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che
dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di
assunzione;
b) occupazione e condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti
di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento;
c) accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione
professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale,
inclusi i tirocini professionali;
d) affiliazione e attivita' nell'ambito di organizzazioni di
lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni
professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni.
2. La disciplina di cui al presente decreto fa salve tutte le
disposizioni vigenti in materia di:
a) condizioni di ingresso, soggiorno ed accesso all'occupazione,
all'assistenza e alla previdenza dei cittadini dei Paesi terzi e
degli apolidi nel territorio dello Stato;
b) sicurezza e protezione sociale;
c) sicurezza pubblica, tutela dell'ordine pubblico, prevenzione
dei reati e tutela della salute;
d) stato civile e prestazioni che ne derivano;
e) forze armate, limitatamente ai fattori di eta' e di handicap.
3. Nel rispetto dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza,
nell'ambito del rapporto di lavoro o dell'esercizio dell'attivita' di
impresa, non costituiscono atti di discriminazione ai sensi
dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento dovute a
caratteristiche connesse alla religione, alle convinzioni personali,
all'handicap, all'eta' o all'orientamento sessuale di una persona,
qualora, per la natura dell'attivita' lavorativa o per il contesto in
cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che
costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello
svolgimento dell'attivita' medesima. Parimenti, non costituisce atto
di discriminazione la valutazione delle caratteristiche suddette ove
esse assumano rilevanza ai fini dell'idoneita' allo svolgimento delle
funzioni che le forze armate e i servizi di polizia, penitenziari o
di soccorso possono essere chiamati ad esercitare.
4. Sono, comunque, fatte salve le disposizioni che prevedono
accertamenti di idoneita' al lavoro per quanto riguarda la necessita'
di una idoneita' ad uno specifico lavoro e le disposizioni che
prevedono la possibilita' di trattamenti differenziati in merito agli
adolescenti, ai giovani, ai lavoratori anziani e ai lavoratori con
persone a carico, dettati dalla particolare natura del rapporto e
dalle legittime finalita' di politica del lavoro, di mercato del
lavoro e di formazione professionale.
5. Non costituiscono atti di discriminazione ai sensi dell'articolo
2 le differenze di trattamento basate sulla professione di una
determinata religione o di determinate convinzioni personali che
siano praticate nell'ambito di enti religiosi o altre organizzazioni
pubbliche o private, qualora tale religione o tali convinzioni
personali, per la natura delle attivita' professionali svolte da
detti enti o organizzazioni o per il contesto in cui esse sono
espletate, costituiscano requisito essenziale, legittimo e
giustificato ai fini dello svolgimento delle medesime attivita'.
6. Non costituiscono, comunque, atti di discriminazione ai sensi
dell'articolo 2 quelle differenze di trattamento che, pur risultando
indirettamente discriminatorie, siano giustificate oggettivamente da
finalita' legittime perseguite attraverso mezzi appropriati e
necessari. In particolare, resta ferma la legittimita' di atti
diretti all'esclusione dallo svolgimento di attivita' lavorativa che
riguardi la cura, l'assistenza, l'istruzione e l'educazione di
soggetti minorenni nei confronti di coloro che siano stati condannati
in via definitiva per reati che concernono la liberta' sessuale dei
minori e la pornografia minorile.
Art. 4.
Tutela giurisdizionale dei diritti
1. All'articolo 15, comma 2, della legge 20 maggio 1970, n. 300,
dopo la parola «sesso» sono aggiunte le seguenti: «, di handicap, di
eta' o basata sull'orientamento sessuale o sulle convinzioni
personali».
2. La tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di
cui all'articolo 2 si svolge nelle forme previste dall'articolo 44,
commi da 1 a 6, 8 e 11, del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello straniero, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286.
3. Chi intende agire in giudizio per il riconoscimento della
sussistenza di una delle discriminazioni di cui all'articolo 2 e non
ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai
contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione
ai sensi dell'articolo 410 del codice di procedura civile o,
nell'ipotesi di rapporti di lavoro con le amministrazioni pubbliche,
ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, anche tramite le rappresentanze locali di cui all'articolo 5.
4. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza di un
comportamento discriminatorio a proprio danno, puo' dedurre in
giudizio, anche sulla base di dati statistici, elementi di fatto, in
termini gravi, precisi e concordanti, che il giudice valuta ai sensi
dell'articolo 2729, primo comma, del codice civile.
5. Con il provvedimento che accoglie il ricorso il giudice, oltre a
provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non
patrimoniale, ordina la cessazione del comportamento, della condotta
o dell'atto discriminatorio, ove ancora sussistente, nonche' la
rimozione degli effetti. Al fine di impedirne la ripetizione, il
giudice puo' ordinare, entro il termine fissato nel provvedimento, un
piano di rimozione delle discriminazioni accertate.
6. Il giudice tiene conto, ai fini della liquidazione del danno di
cui al comma 5, che l'atto o comportamento discriminatorio
costituiscono ritorsione ad una precedente azione giudiziale ovvero
ingiusta reazione ad una precedente attivita' del soggetto leso volta
ad ottenere il rispetto del principio della parita' di trattamento.
7. Il giudice puo' ordinare la pubblicazione della sentenza di cui
ai commi 5 e 6, a spese del convenuto, per una sola volta su un
quotidiano di tiratura nazionale.
8. Resta salva la giurisdizione del giudice amministrativo per il
personale di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165.
Note all'art. 4:
- Il testo dell'art. 15, comma 2, della citata legge n.
300 del 1970, come modificato dal presente decreto, e' il
seguente:
«Art. 15 (Atti discriminatori). - E' nullo qualsiasi
patto od atto diretto a:
a) subordinare l'occupazione di un lavoratore alla
condizione che aderisca o non aderisca ad una associazione
sindacale ovvero cessi di farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella
assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti,
nei provvedimenti disciplinari, o recargli altrimenti
pregiudizio a causa della sua affiliazione o attivita'
sindacale ovvero della sua partecipazione ad uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano
altresi' ai patti o atti diretti a fini di discriminazione
politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di
handicap, di eta' o basata sull'orientamento sessuale o
sulle convinzioni personali.».
- Il testo dell'art. 44 del citato decreto legislativo
n. 286 del 1998, e' il seguente:
«Art. 44 (Azione civile contro la discriminazione)
(Legge 6 marzo 1988, n. 40, art. 42). - 1. Quando il
comportamento di un privato o della pubblica
amministrazione produce una discriminazione per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi, il giudice puo',
su istanza di parte, ordinare la cessazione del
comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro
provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere
gli effetti della discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche
personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore
del luogo di domicilio dell'istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalita'
non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che
ritiene piu' opportuno agli atti di istruzione
indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del
provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o
al rigetto della domanda. Se accoglie la domanda emette i
provvedimenti richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto
motivato, assunte, ove occorre, sommarie informazioni. In
tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di
comparizione delle parti davanti a se' entro un termine non
superiore a quindici giorni, assegnando all'istante un
termine non superiore a otto giorni per la notificazione
del ricorso e del decreto. A tale udienza, il pretore, con
ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti
emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore e' ammesso
reclamo al tribunale nei termini di cui all'art. 739,
secondo comma, del codice di procedura civile. Si
applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738 e
739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il
giudice puo' altresi' condannare il convenuto al
risarcimento del danno, anche non patrimoniale.
8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti del
pretore di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del
tribunale di cui al comma 6 e' punito ai sensi dell'art.
388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza
a proprio danno del comportamento discriminatorio in
ragione della razza, del gruppo etnico o linguistico, della
provenienza geografica, della confessione religiosa o della
cittadinanza puo' dedurre elementi di fatto anche a
carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi
contributivi, all'assegnazione delle mansioni e qualifiche,
ai trasferimenti, alla progressione in carriera e ai
licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i
fatti dedotti nei limiti di cui all'art. 2729, primo comma,
del codice civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto
o un comportamento discriminatorio di carattere collettivo,
anche in casi in cui non siano individuabili in modo
immediato e diretto i lavoratori lesi dalle
discriminazioni, il ricorso puo' essere presentato dalle
rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il
giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni
sulla base del ricorso presentato ai sensi del presente
articolo, ordina al datore di lavoro di definire, sentiti i
predetti soggetti e organismi, un piano di rimozione delle
discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti
discriminatori ai sensi dell'art. 43 posti in essere da
imprese alle quali siano stati accordati benefici ai sensi
delle leggi vigenti dello Stato o delle regioni, ovvero che
abbiano stipulato contratti di appalto attinenti
all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di
forniture, e' immediatamente comunicato dal Pretore,
secondo le modalita' previste dal regolamento di
attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici
che abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse
le agevolazioni finanziarie o creditizie, o dell'appalto.
Tali amministrazioni, o enti revocano il beneficio e, nei
casi piu' gravi, dispongono l'esclusione del responsabile
per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di
agevolazioni finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi
appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con
i comuni, con le associazioni di immigrati e del
volontariato sociale, ai fini dell'applicazione delle norme
del presente articolo e dello studio del fenomeno,
predispongono centri di osservazione, di informazione e di
assistenza legale per gli stranieri, vittime delle
discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi.».
- Il testo dell'art. 410 del codice di procedura civile
e' il seguente:
«Art. 410 (Tentativo obbligatorio di conciliazione). -
Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai
rapporti previsti dall'art. 409 e non ritiene di avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti e
accordi collettivi deve promuovere, anche tramite
l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisca
mandato, il tentativo di conciliazione presso la
commissione di conciliazione individuata secondo i criteri
di cui all'art. 413.
La comunicazione della richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e
sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e
per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il
decorso di ogni termine di decadenza.
La commissione, ricevuta la richiesta tenta la
conciliazione della controversia, convocando le parti, per
una riunione da tenersi non oltre dieci giorni dal
ricevimento della richiesta.
Con provvedimento del direttore dell'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione e'
istituita in ogni provincia presso l'ufficio provinciale
del lavoro e della massima occupazione, una commissione
provinciale di conciliazione composta dal direttore
dell'ufficio stesso, o da un suo delegato, in qualita' di
presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da
quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro
rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei
lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale.
Commissioni di conciliazione possono essere istituite,
con le stesse modalita' e con la medesima composizione di
cui al precedente comma, anche presso le sezioni zonali
degli uffici provinciali del lavoro e della massima
occupazione.
Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessita',
affidano il tentativo di conciliazione a proprie
sottocommissioni, presiedute dal direttore dell'ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione o da un
suo delegato che rispecchino la composizione prevista dal
precedente terzo comma.
In ogni caso per la validita' della riunione e'
necessaria la presenza del presidente e di almeno un
rappresentante dei datori di lavoro e di uno dei
lavoratori.
Ove la riunione della commissione non sia possibile per
la mancata presenza di almeno uno dei componenti di cui al
precedente comma, il direttore dell'ufficio provinciale del
lavoro certifica l'impossibilita' di procedere al tentativo
di conciliazione.».
- Il testo dell'art. 66 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), e'
il seguente:
«Art. 66 (Collegio di conciliazione). - 1. Ferma
restando la facolta' del lavoratore di avvalersi delle
procedure di conciliazione previste dai contratti
collettivi, il tentativo obbligatorio di conciliazione di
cui all'art. 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi
seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione istituito
presso la direzione provinciale del lavoro nella cui
circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore e'
addetto, ovvero era addetto al momento della cessazione del
rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto
compa-tibili, se il tentativo di conciliazione e' promosso
dalla pubblica amministrazione. Il collegio di
conciliazione e' composto dal direttore della direzione o
da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante
del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione,
sottoscritta dal lavoratore, e' consegnata alla direzione
presso la quale e' istituito il collegio di conciliazione
competente o spedita mediante raccomandata con avviso di
ricevimento. Copia della richiesta deve essere consegnata o
spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione
di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla
quale il lavoratore e' addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le
comunicazioni inerenti alla procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni
poste a fondamento della pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio
di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad
un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia
della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la
pretesa del lavoratore, deposita presso la direzione
osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio
rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro
i dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa
la comparizione delle parti per il tentativo di
conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il
lavoratore puo' farsi rappresentare o assistere anche da
un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato. Per
l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del
potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad
una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene
redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti
e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale
costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si
applicano le disposizioni dell'art. 2113 commi primo,
secondo e terzo del codice civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il
collegio di conciliazione deve formulare un proposta per la
bonaria definizione della controversia. Se la proposta non
e' accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale
con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di
ufficio, i verbali concernenti il tentativo di
conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il
comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai
fini del regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi
rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla
proposta formulata dal collegio di cui al comma 1, ovvero
in sede giudiziale ai sensi dell'art. 420, commi primo,
secondo e terzo, del codice di procedura civile, non puo'
dar luogo a responsabilita' amministrativa.».
- Il testo dell'art. 2729 del codice civile e' il
seguente:
«Art. 2729 (Presunzioni semplici). - Le presunzioni non
stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del
giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi,
precise e concordanti.
Le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui
la legge esclude la prova per testimoni.».
- Il testo dell'art. 3 del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001, e' il seguente:
«Art. 3 (Personale in regime di diritto pubblico). - 1.
In deroga all'art. 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati
dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari,
amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori
dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di
Stato, il personale della carriera diplomatica e della
carriera prefettizia nonche' i dipendenti degli enti che
svolgono la loro attivita' nelle materie contemplate
dall'art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio
dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno
1985, n. 281, e successive modificazioni ed integrazioni, e
10 ottobre 1990, n. 287.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei
ricercatori universitari resta disciplinato dalle
disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della
specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in
conformita' ai principi della autonomia universitaria di
cui all'art. 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e
seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive
modificazioni ed integrazioni, tenuto conto dei principi di
cui all'art. 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n.
421.».
Art. 5.
Legittimazione ad agire
1. Le rappresentanze locali delle organizzazioni nazionali
maggiormente rappresentative a livello nazionale, in forza di delega,
rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata, a pena
di nullita', sono legittimate ad agire ai sensi dell'articolo 4, in
nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della
discriminazione, contro la persona fisica o giuridica cui e'
riferibile il comportamento o l'atto discriminatorio.
2. Le rappresentanze locali di cui al comma 1 sono, altresi',
legittimate ad agire nei casi di discriminazione collettiva qualora
non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese
dalla discriminazione.
Art. 6.
Relazione
1. Entro il 2 dicembre 2005 e successivamente ogni cinque anni, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmette alla
Commissione europea una relazione contenente le informazioni relative
all'applicazione del presente decreto.
Art. 7.
Copertura finanziaria
1. Dall'attuazione del presente decreto non derivano oneri
aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi' 9 luglio 2003
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri
Buttiglione, Ministro per le politiche
comunitarie
Maroni, Ministro del lavoro e delle
politiche sociali
Prestigiacomo, Ministro per le pari
opportunita'
Frattini, Ministro degli affari esteri
Castelli, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro del-l'economia e
delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Castelli
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