Cronaca di Frosinone

Martedì 16 Gennaio 2001
Sora/Tutto iniziò da un incidente stradale in cui la donna perse il marito e il bambino che aveva in grembo
Colpita da epatite dopo una trasfusione
Oggi, in Tribunale, l’odissea di una casalinga di cinquantatré anni

di PAOLO CARNEVALE

Si ammala di epatite C per una trasfusione, ma il ministero della Sanità rifiuta di pagarla, sostenendo che ormai il tempo a disposizione per il ricorso è scaduto. «Ma io non sapevo di essermi ammalata, altrimenti vi pare che saremmo a questo punto?». Nasce qui il dramma di Antonia M., 53 anni, casalinga di Sora, vedova da più di trenta anni, invalida civile al 100 per cento, che dal 1993 combatte una battaglia senza quartiere contro il ministero della Sanità per vedersi riconosciuto un diritto: quello di essere risarcita per gli errori medici commessi sulla sua pelle. Battaglia che vedrà la prima tappa stamattina, quando l’avvocato Cesare Gabriele depositerà il ricorso contro il ministero della Sanità presso l’ufficio del giudice del lavoro a Cassino. «E’ stato lo stesso ministero - spiega l’avvocato Gabriele -a stabilire il rapporto causa-effetto tra la trasfusione e l’insorgere dell’Epatite».
La storia inizia nel 1968, con un tragico incidente stradale nel quale muore il marito: la signora Antonia, si frattura entrambe le gambe («che i medici non mi hanno curato come dovevano: avevo 20 anni, e mi hanno rovinato per tutta la vita», dice lei trattenendo a stento le lacrime), e perde il bambino di cui era incinta all’ottavo mese. Antonia viene curata in ospedale per le fratture alle gambe e dopo qualche mese viene mandata a casa. Ed è durante gli interventi chirurgici necessari alla riduzione delle fratture che la signora viene sottoposta a delle trasfusioni: «Tra l’altro, con del sangue che non era neppure del mio gruppo sanguigno». All’inizio degli anni ’90 le sue condizioni peggiorano «ed ho deciso di sottopormi a esami approfonditi per capire il perché dei miei continui malesseri, le debolezze, gli svenimenti». E’ a Sora che le viene diagnostica la presenza della epatite virale. Epatite C, la più pericolosa.
«Così si è scoperto che l’origine di questa malattia nasceva proprio da quelle trasfusioni successive all’incidente». Ed è qui che inizia il calvario burocratico. Perché il ministero della Sanità riconosce sì la invalidità per tutto quanto è successo, ma si rifiuta di pagare perché, secondo una legge ancora in vigore, la richiesta di risarcimento dovrebbe essere fatta entro tre anni dalle circostanze che hanno causato l’insorgere della malattia. «Ma se io per tutti quegli anni non ho sospettato di avere l’epatite — dice la signora Antonia indignata — come avrei potuto fare domanda di risarcimento?». Un vero dramma; il Ministero si rifiuta di rimborsare cure, medicinali, trattamenti. Oggi a 53 anni, la signora Antonia vive sola con un figlio di 20 anni, mentre un altro di 28 se n’è andato. Lei, per la malattia, è rimasta senza capelli e costretta a portare la dentiera. E la malattia, inesorabilmente, avanza.