Sora/Tutto iniziò da un incidente 
stradale in cui la donna perse il marito e il bambino che aveva in 
grembo Colpita da epatite dopo una 
trasfusione Oggi, in Tribunale, l’odissea di 
una casalinga di cinquantatré anni
di PAOLO CARNEVALE
  Si ammala di epatite C 
per una trasfusione, ma il ministero della Sanità rifiuta di pagarla, sostenendo 
che ormai il tempo a disposizione per il ricorso è scaduto. «Ma io non sapevo di 
essermi ammalata, altrimenti vi pare che saremmo a questo punto?». Nasce qui il 
dramma di Antonia M., 53 anni, casalinga di Sora, vedova da più di trenta anni, 
invalida civile al 100 per cento, che dal 1993 combatte una battaglia senza 
quartiere contro il ministero della Sanità per vedersi riconosciuto un diritto: 
quello di essere risarcita per gli errori medici commessi sulla sua pelle. 
Battaglia che vedrà la prima tappa stamattina, quando l’avvocato Cesare Gabriele 
depositerà il ricorso contro il ministero della Sanità presso l’ufficio del 
giudice del lavoro a Cassino. «E’ stato lo stesso ministero - spiega l’avvocato 
Gabriele -a stabilire il rapporto causa-effetto tra la trasfusione e l’insorgere 
dell’Epatite».  La storia inizia nel 1968, con un tragico incidente stradale 
nel quale muore il marito: la signora Antonia, si frattura entrambe le gambe 
(«che i medici non mi hanno curato come dovevano: avevo 20 anni, e mi hanno 
rovinato per tutta la vita», dice lei trattenendo a stento le lacrime), e perde 
il bambino di cui era incinta all’ottavo mese. Antonia viene curata in ospedale 
per le fratture alle gambe e dopo qualche mese viene mandata a casa. Ed è 
durante gli interventi chirurgici necessari alla riduzione delle fratture che la 
signora viene sottoposta a delle trasfusioni: «Tra l’altro, con del sangue che 
non era neppure del mio gruppo sanguigno». All’inizio degli anni ’90 le sue 
condizioni peggiorano «ed ho deciso di sottopormi a esami approfonditi per 
capire il perché dei miei continui malesseri, le debolezze, gli svenimenti». E’ 
a Sora che le viene diagnostica la presenza della epatite virale. Epatite C, la 
più pericolosa.  «Così si è scoperto che l’origine di questa malattia nasceva 
proprio da quelle trasfusioni successive all’incidente». Ed è qui che inizia il 
calvario burocratico. Perché il ministero della Sanità riconosce sì la 
invalidità per tutto quanto è successo, ma si rifiuta di pagare perché, secondo 
una legge ancora in vigore, la richiesta di risarcimento dovrebbe essere fatta 
entro tre anni dalle circostanze che hanno causato l’insorgere della malattia. 
«Ma se io per tutti quegli anni non ho sospettato di avere l’epatite — dice la 
signora Antonia indignata — come avrei potuto fare domanda di risarcimento?». Un 
vero dramma; il Ministero si rifiuta di rimborsare cure, medicinali, 
trattamenti. Oggi a 53 anni, la signora Antonia vive sola con un figlio di 20 
anni, mentre un altro di 28 se n’è andato. Lei, per la malattia, è rimasta senza 
capelli e costretta a portare la dentiera. E la malattia, inesorabilmente, 
avanza.  
    
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