Alatri

Venerdì 1° giugno 2001
Assolto sempre per lo stesso reato Fabio Tagliaferri  difeso dagli avvocati Pavia e Maggi
Peculato, una condanna a due anni e 4 mesi
Zomparelli responsabile dell'ufficio economato ha sottratto dalle casse dell'Asl 165 milioni

di Tiziana Cardarelli

Una condanna a due anni e quattro mesi di reclusione per Angelo Zomparelli responsabile dell'ufficio economato dell'ospedale di Alatri ed un'assoluzione, per non aver commesso il fatto, invece per Fabio Tagliaferri difeso dagli avvocati Enrico Pavia (neRa foto) e Patrizio Maggi.
E' stata questa la sentenza emessa nella mattina di ieri dal tribunale di Frosinone a carico dei due imputati entrambi accusati del reato di peculato, ma in due situazioni diverse. Andiamo con ordine: Angelo Zomparelli, responsabile dell'ufficio economato ha sottratto la bellezza di centosessantacinque milioni dalla cassa dell'ufficio dell'AsI di Alatri per problemi legati alla famiglia. Necessità economiche, dunque lo hanno spinto a compiere il reato. In che modo? Dal 1994 al '98 lo Zomparelli ha trattenuto più volte gli incassi dell'ufficio tickets. Con il passare degli anni il debito verso l'Asl è arrivato appunto a 165milioni. Un reato poi confessato dallo stesso imputato che con il tempo ha anche collaborato restituendo l'intera somma. Ciononostante il collegio giudicante lo ha condannato anche se ha tenuto conto dell'ammissione della colpa facendogli uno sconto di pena.
Situazione diversa invece per Fabio Tagliaferri il quale era accusato dello stesso reato ma per una somma di cinque milioni di lire. L'ammanco, in questo caso, ci sarebbe stato nell'aprile del '98 quando l'imputato, assolto con formula piena, lavorava nell'ufficio personale proprio dove non vennero più trovati cinque milioni contenuti in una cassaforte.
Ad arrivare al Tagliaferri fu un'indagine interna dalla quale un addetto alle pulizie dichiarò di aver visto l'impiegato, lo stesso pomeriggio nel quale fu consumato il reato, entrare in quell'ufficio e lavorare ad un computer. Un'accusa che i rappresentanti della difesa sono riusciti a far cadere dimostrando il contrario. O meglio. Il loro assistito era entrato in quell'ufficio il pomeriggio in cui avvenne l'ammanco ma soltanto per poco tempo. Un tempo insufficiente per aprire la cassaforte che tra l'altro aveva due combinazioni diverse.
Il tribunale ha accolto così la tesi degli avvocati Pavia e Maggi e Fabio Tagliaferri è stato assolto da quell'onta che ormai da anni gli pesava sulla testa come un macigno.