Cronaca di Frosinone

Lunedì 4 Febbraio 2002
Cassino/Il reperto stava per essere inviato a Roma per le analisi di laboratorio. Scattata l’inchiesta
Utero sparito, mistero in ospedale
Serviva per chiarire il caso della donna finita in coma in sala parto

di ALESSIO PORCU

Non lo trovano. L'utero della paziente è sparito dall'ospedale di Cassino. Non si tratta di un reperto qualsiasi: è quello che poteva chiarire i misteri della donna di 29 anni finita in coma dal 26 gennaio scorso mentre partoriva nel Gemma de Posis. Il contenitore sigillato che conteneva i resti umani è sparito verso la metà della settimana scorsa: se ne sono accorti i sanitari che lo dovevano trasferire a Roma per le analisi di laboratorio. Nell'elenco delle provette e dei vetrini da prelevare c'era anche quella sacca in plastica, ma nel deposito non ce n'era più traccia. Il manager della Asl di Frosinone Carmine Cavallotti ha subito ordinato un'altra indagine interna, la seconda dopo quella che il 29 gennaio ha assolto l'équipe impegnata in sala parto mentre Teresa (il nome è di comodo per tutelarne l'anonimato) metteva al mondo il suo primo figlio e nello stesso istante finiva al confine tra la vita e la morte.
Gli ispettori nominati dal direttore generale Cavallotti e dal direttore dell'ospedale di Cassino Ettore Cataldi hanno ascoltato una ventina tra medici, infermieri e portantini. Nessuno ne sapeva nulla. Inutile la perquisizione dei locali dove il contenitore poteva essere finito, nulla nemmeno nei cassonetti speciali dove vengono gettati i "rifiuti ospedalieri". Escluso che ci sia stato un errore nella spedizione: sono stati sentiti i vettori ed i laboratori collegati con l'ospedale di Cassino, nessuno ha trasportato o ricevuto per sbaglio un pacco diverso da quelli indicati nelle bolle di trasporto. Sono passate 48 - 36 ore da quando l'ultimo sanitario ha depositato la sacca a quando poi un suo collega è andato a cercarla.
Le ipotesi su cui gli ispettori stanno lavorando sono due: o l'utero è sparito per un errore compiuto da qualcuno o è stato fatto sparire. Questa seconda pista apre altri due scenari: o il furto è stato commesso per nascondere delle prove oppure è stato compiuto per gettare fango contro i medici, l'ospedale di Cassino e l'amministrazione dell'Asl. Perché c'è anche quest'ultima teoria? La risposta è nei risultati della prima indagine, cioè quella che ha spiegato cosa è successo in sala parto quel maledetto 26 gennaio. L'ispezione ha accertato che alle 4.30 Teresa aveva finito il travaglio in modo regolare, era dilatata e si intravedeva già la testa del bambino. E' stata portata in sala parto e qui ha perso conoscenza all'improvviso. Il cuore si è fermato. Il medico ha estratto con una ventosa il bambino facendolo nascere sano, mentre altri intubavano la donna e la portavano in rianimazione. Si pensava ad un aneurisma (la rottura di un'arteria che porta il sangue al cervello) invece la Tac ha fatto nascere il sospetto che si sia trattato di una Cid (ossia una coagulazione intravenosa diffusa): in altre parole, una parte del sangue si coagula creando microscopici tappi che otturano i capillari. Dopo circa 5 ore Teresa è stata portata di nuovo in sala operatoria a causa di una violenta emorragia ed è stato necessario asportare l'utero, forse lesionato nelle fasi concitate del parto. Ma tra queste eventuali lesioni ed il coma durante il parto non c'è nessun collegamento. Ecco perché nessun sanitario aveva interesse a far sparire l'utero. Un altro tentativo di screditare il reparto Ostetricia c'era stato un mese fa, una serie di telefonate anonime alle redazioni provinciali dei giornali raccontava di una neonata sfregiata durante il parto per colpa di un medico. Ma era tutto falso.
Ora Teresa - moglie di un sottufficiale della Guardia di Finanza di Cassino - è in condizioni sempre più gravi, la sua vita è appesa a un filo. Da quando ha messo al mondo il suo primo bimbo non si è più svegliata.