Cronaca di Frosinone

Domenica 21 Luglio 2002
Cassino\Confermato il licenziamento
Litigare con il capo si può, ma senza usare parolacce

Litigare con il capo sul posto di lavoro? Si può fare, alzando anche la voce. Ma non si può mandarlo affan...quel paese e nemmeno dirgli "ma chi ca...volo credi di essere". Lo ha ribadito ieri mattina la Corte d'Appello di Roma confermando il licenziamento di B.V., delegato sindacale della Cic S.p.A.: la società che si occupa della raccolta dei rifiuti a Cassino. Era stato licenziato in tronco nel mese di febbraio del 1999 al culmine di una trattative con uno degli amministratori dell'azienda.
Tutto era cominciato con una lettera di contestazione inviata dalla Cic a B.V., rimproverandogli una lavoro eseguito male. Accompagnato da un altro sindacalista era andato in amministrazione, voleva spiegare che con l'organizzazione del lavoro impostata in quel periodo non era possibile fare di meglio. Ma i toni si sono accesi. La voce si è fatta sempre più alta, da entrambi i lati della scrivania. Fino a quando B.V. pronuncia il vaf... e il "Chi ca... credi di essere" che gli sono costati il posto di lavoro. Infatti dopo poche ore gli è stata recapitata la lettera di licenziamento "per motivi disciplinari". Giudicata valida sia dal giudice del lavoro di Cassino al termine del primo processo, sia ieri dalla Corte d'Appello.
Il difensore aveva sostenuto che "Durante una trattativa sindacale è lecito usare dei toni più forti del consueto, c'era stata la provocazione dell'azienda. E poi il licenziamento è un provvedimento sproporzionato, rispetto all'infrazione compiuta". Una tesi che non è stata condivisa dai magistrati. I giudici hanno accolto il principio sottolineato dall'avvocato della Cis S.p.A Sandro Salera, secondo il quale "Proprio perché la trattativa sindacale è uno dei più alti momenti di democrazia sul posto di lavoro è lecito che i toni possano salire e talvolta trascendere, ma mai si può arrivare all'insulto personale".

Al.Po.