Lazio

Domenica 18 Agosto 2002
Poco personale infermieristico scarseggiano anche i medici

di FRANCESCA MALANDRUCCO

«Abbiamo preso il primo aereo disponibile e dal Venezuela ci siamo precipitati di corsa a Roma. Mio padre è stato ricoverato in ospedale all'improvviso, pochi giorni prima di Ferragosto. I medici avevano parlato all'inizio di ictus. Temevamo di non riuscire neanche a dirgli addio». Antonio e Maria Suozzi, accanto al letto del padre, nel reparto della Prima Medicina del Sandro Pertini, raccontano. «Abbiamo aspettato tre giorni prima di poter parlare con un medico. Non c'era nessuno sotto Ferragosto - continua Antonio -. Finalmente questa mattina (ndr. ieri per chi legge), un dottore ci ha letto il referto: insufficienza respiratoria per enfisema polmonare». Armando, classe 1920, e una grande voglia di vivere, verrà dimesso oggi. «Se lo avessimo saputo prima - spiegano i figli - non avremmo fatto 10 mila chilometri di corsa per arrivare qui». Ma Armando è contento di tornare a casa. In quel reparto di ospedale non vuole rimanere neanche un'ora di più. «Per convincere l'infermiere di turno ad accompagnarlo in bagno - confida Antonio - mio padre gli ha dovuto dare una mancia di 20 euro. E' uno scandalo». Nella stessa camerata anche Mario, ottant'anni passati e una grave malattia cronica che non lo rende autosufficiente, è stato costretto a pagare per avere un po' di assistenza. La moglie gli ha messo accanto un infermiere privato che lo aiuti a mangiare e gli cambi il pannolino quando ne ha bisogno. E non è il solo ad essere seguito da personale specializzato esterno all'ospedale Pertini. I posti letto nei reparti di medicina sono tutti occupati. I pazienti sono soprattutto anziani, e il personale in questi giorni di metà agosto è ridotto all'essenziale. «Abbiamo paura di rimanere soli, di non essere accuditi» borbotta ancora Armando. Le visite dei parenti, poi, sono contingentate. Salvo rare eccezioni si può entrare solo per un ora al giorno, dalle quattro e mezza del pomeriggio. Ma nell'ospedale, vuoto per ferie, nessuno sembra dar peso a episodi di ordinaria malasanità.

Così anche la storia di Lina, nata nel 1914, passa inosservata tra l'indifferenza del personale del San Giovanni-Addolorata. Dall'inizio di agosto è ricoverata nel reparto di medicina dell'Addolorata. Poche visite, centellinate in questi giorni di vacanza, che non riescono a soddisfare il suo bisogno di affetto. «Mi facevo la pipì a letto. Mia nuora mi sgridava. E' stato per questo che mi hanno portato in ospedale». E' la versione raccontata da Lina, mentre mangia avidamente un piatto di riso, così come avidamente si aggrappa a quel che è rimasto della sua vita, tra i dolori alle ossa, la memoria che va e che viene. Da una settimana Lucia si prende cura di lei. «Vengo qui per mia madre, malata terminale di tumore - spiega la donna -. E non ce la faccio a vedere un essere umano ridotto in questo modo. Gli infermieri per tre giorni hanno lasciato Lina sporca, senza cambiarle il pannolino». Ma Lucia non è l'unica a lamentarsi. Rannicchiati nei loro letti di ospedale, con un ventilatore acceso per sottrarsi alle calde temperature esterne, gli altri anziani ricoverati aspettano che passino questi giorni di agosto, perché quei corridoi deserti del San Giovanni li fanno sentire ancora più soli.
Anche il Policlinico Umberto I ieri aveva cambiato volto, con quei padiglioni serrati, i corridoi vuoti e bui. Pochi i medici e gli infermieri al lavoro. «Impossibile anche prendere un caffè o comprare il giornale - dice Bernardina, che sta trascorrendo questi giorni di agosto accanto al padre ricoverato nella II clinica medica - L'edicola è chiusa e l'unico bar rimane aperto solo fino alle 15». Nei reparti, però, dove sono stati accorparti i letti, l'attività non si ferma. Le medicine e la geriatria sono al completo, tra malati di alzaimer, cardiopatici, o anziani con problemi respiratori, non c'è neanche un posto libero.