Cronaca di Frosinone

Domenica 25 Agosto 2002
Stava pulendo l’ago intasato della flebo di un paziente sieropositivo. Ora la donna è sottoposta ai trattamenti per l’Hiv
Aids, il sangue infetto le schizzò sul volto
Ora vive nel terrore una infermiera dell’ospedale del capoluogo

di FRANCESCO RIDOLFI

Da Ferragosto vive nell’ansia, terrorizzata dalla possibilità di aver contratto il virus dell’Hiv mentre puliva la cannula della flebo a un malato. Ora, per un mese, deve fare la stessa profilassi che fanno i pazienti sieropositivi che cura tutti i giorni. E per un anno dovrà sottoporti a continui esami, con la paura di aver contratto il virus. Maria (il nome è di fantasia) 38 anni, una famiglia con un bimbo piccolo, è una delle poche infermiere del reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Frosinone. Uno dei tanti reparti su cui si è abbattuta inesorabile la scure dei tagli alla Sanità. Ma questo è un reparto particolare, dove non ci si possono permettere distrazioni perchè si rischia. E parecchio. Un reparto dove l’organico, da 29 infermieri, è passato a 14. Un reparto dove le mascherine di protezione sono vecchie e se uno le indossa di sera non vede. Un reparto dove le cannule di sicurezza, quelle che si usano per i sieropositivi, appunto, sono comparse solo dopo l’incidente di Ferragosto. «E’ una situazione insostenibile - denuncia un’infermiera, a nome di tutte, che preferisce restare anonima - Non ce la facciamo più. Facciamo i turni in due. Dobbiamo affrontare situazioni rischiose da sole, senza gli strumenti necessari per garantirci un livello accettabile di sicurezza. Abbiamo scritto lettere, al Direttore sanitario, che non ci ha neanche risposto; al primario del reparto che, invece, ci ha detto: "In tutta Italia funziona così, adeguatevi". Lo chiudessero questo reparto!».
Maria a Ferragosto era sola. Alle 22,30 si è avvicinata al letto di un sieropositivo a cui si era occluso il tubicino nella vena per un grumo di sangue. Il tubicino a cui si collega la flebo, che dovrebbe avere un meccanismo di chiusura automatica, per questi pazienti. Non l’aveva. Maria ha pulito il tubicino, ma il liquido, mischiato al sangue infetto, le è schizzato in faccia. Non aveva potuto indossare la mascherina perchè la visiera era sporca e di sera, con la poca luce che c’è in reparto, non si vede nulla. Ora rischia di aver contratto il virus e non dorme la notte.
«Un incidente annunciato - prosegue la portavoce - E’ capitato anche a me qualche tempo fa: Mi è scoppiato un deflussore di una flebo negli occhi. Nel reparto ci sono malati di tbc, sieropositivi. Tutti pazienti altamente contagiosi. E siamo pochi, sotto stress, soggetti a commettere errori. Pensi che dopo l’incidente in reparto sono comparse le cannule per le vene con il meccanismo di sicurezza. Per quanto riguarda le mascherine è passato un rappresentante, ne aveva di un tipo con gli occhialini e la protezione per il volto. Funzionali. Le abbiamo viste solo quella volta, purtroppo. Noi, oltre ai 26 malati, di cui 5 con l’hiv, facciamo interventi in casa per i sieropositivi e lavoriamo al day hospital. Dovremmo andare sempre in coppia, quando si tratta di malati contagiosi, ma, specie in estate, capita assai di rado».