Cronaca di Frosinone

Sabato 26 Ottobre 2002
NELLA CLINICA VILLA GINA
I periti del tribunale: feti estratti vivi
Aborti clandestini a Roma, sotto processo anche due medici di Cassino

Si aggiunge un nuovo agghiacciante capitolo all’inchiesta sugli aborti clandestini praticati nella clinica romana "Villa Gina", della famiglia Spallone. Inchiesta in cui sono coinvolti anche due ginecologi di Cassino, Giuseppe Pavia e Annamaria Panico. Ieri i tre medici incaricati dal giudice hanno depositato la perizia tecnica da cui emerge che i 19 feti, frutto degli aborti clandestini, molto probabilmente non erano già morti - come sostiene la difesa degli imputati - quando vennero espiantati dalle madri, ma vennero uccisi (o lasciati morite) subito dopo.
I 19 corpicini sono stati riesumati dai medici (tra cui c’è un professore universitario di Bologna e un ginecologo del Gemelli) e analizzati per stabilire se vivevano e se avevano delle malformazioni tali da compromettere la vita della madre. Tutto lascia pensare che siano stati uccisi: sono state riscontrate tracce di attività respiratoria, i bimbi, difatti, quando sono nel ventre della madre respirano il liquido amniotico per allenare i polmoni; alcuni avevano gli elastici con cui si blocca il sangue dopo aver reciso il cordone ombelicale. Altri esami sono stati effettuati sulle cartelle cliniche. Quindi si tratterebbe di aborti provocati volontariamente ben oltre il termine di legge dei tre mesi. Alcuni corpicini avevano 30-32 settimane.
Intanto il giudice ha diviso il processo, in cui ci sono 16 imputati tra i titolari e il personale medico, in due tronconi. Alcuni medici hanno optato per il rito abbreviato. Tra questi ci sono anche i due medici di Cassino accusati di aver indirizzato diverse donne della provincia alla clinica degli orrori per abortire, lucrando sulla parcella. Gli altri, invece, hanno scelto il rito ordinario. La requisitoria del pm, Roberto Staffa, ci sarà il 15 novembre, mentre la sentenza è prevista per il 25.
Sarà discusso anche il caso della tossicodipendente di Ceccano, F.P., di 36 anni, rappresentata dall’avvocato di parte civile Filippo Misserville, che era stata ricoverata due volte e sottoposta a sedativi. Al padre vennero chiesti 12 milioni e fu costretto a far ricoverare anche la moglie, sana, per far sì che la clinica ottenesse i contributi dalla Regione.

F.Ri.